E’ l’Italia del secondo dopoguerra, anni cinquanta, e le ferrovie stanno nuovamente contribuendo allo sviluppo economico del nostro paese. Ormai sono moltissime le linee ferroviarie elettrificate, e il compito di Ferrovie dello Stato è quello di ammodernare le infrastrutture e rendere più confortevoli e veloci i viaggi. Le E.428 sono l’espressione del treno veloce in Italia. E la E.428, precisamente la E.428 186, diventa protagonista con l’attore Pietro Germi ne il film “Il ferroviere”.
TRAMA DEL FILM – Notte di Natale. Il macchinista di treno Andrea Marcocci, di ritorno dal suo duro lavoro, fa la solita sosta serale all’osteria per bere un bicchiere di vino e incontrarsi con i suoi amici. Benché il suo amico Gigi Liverani, macchinista anche lui, se ne sia già andato, Andrea si abbandona al vino. Suo figlio Sandrino lo riporta quindi a casa.
Tornato alticcio a casa, scopre che non c’è nessuno, poiché la figlia Giulia, incinta, si è sentita male e sono andati tutti a casa sua. Andrea si è spesso scontrato con Giulia e l’ha obbligata a sposare un uomo che non ama, di cui però è rimasta incinta. Il figlio è nato però già morto, motivo in più di contrasto nella coppia; Giulia non è riuscita a sanare il suo matrimonio. Anche l’altro figlio ormai adulto si ribella al padre e se ne va da casa dopo l’ennesima lite. Accanto ad Andrea rimangono la moglie e il piccolo Sandro, che pur amando senza condizioni il padre è anche lui motivo di rimproveri per la sua modesta condotta a scuola.
Andrea si sente sempre più solo e deluso, con l’unico sfogo del suo amico Gigi, con cui si confida durante i massacranti turni di guida dei treni. Proprio durante uno di questi lunghi viaggi Andrea investe un uomo che volontariamente si è gettato contro il treno. Pur non avendo alcuna responsabilità, Andrea ha visto quest’uomo in volto prima della fine e ne resta scosso.
Il viaggio deve proseguire ma, a causa della stanchezza accumulata e del forte trauma psicologico che lo ha devastato, Andrea non vede un segnale di arresto, evitando per un soffio un disastro ferroviario. La fama di bevitore gli fa assegnare dalla direzione ferroviaria incarichi secondari ed umilianti per lui, che era stato sempre fiero del suo lavoro. Andrea, sconvolto dall’episodio per esserne stato la causa anche se involontaria, inizia a chiudersi in se stesso non credendo più neppure nell’amicizia dei suoi compagni ferrovieri, da cui si è sentito abbandonato durante l’inchiesta seguita all’incidente.
Per questo in occasione di uno sciopero egli continua a lavorare, venendo additato come crumiro da tutti. La grave malattia cardiaca che lo colpisce è l’occasione per il ricostituirsi degli affetti intorno a lui. La vigilia di Natale, Andrea torna ad avere intorno a sé l’affetto dei suoi figli e dei suoi amici e capisce così che la causa dei suoi guai è stata anche la sua intransigenza e la sua chiusura al mondo che sta velocemente cambiando. Riprende a suonare la sua chitarra, compagna delle sere passate in allegria all’osteria, per manifestare il suo amore alla moglie, che non l’ha mai abbandonato, ma proprio allora la morte lo coglierà.
Vediamo una scena tratta dal film, molto emozionante e soprattutto che rende bene l’idea dello spaccato di vita del ferroviere di quei tempi.
La scena si conclude con la E 428 che manca per un soffio la collisione con una locomotiva a vapore in transito in direzione opposta, dopo non aver rispettato il segnale “rosso” in ingresso ad una stazione, e dopo aver incrociato una E.626 al traino di un lungo convoglio merci.
Buona visione.