È la notte tra il 3 e il 4 agosto 1974.
Alle 1:23 di notte, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro, a 50 chilometri da Bologna, una bomba ad alto potenziale esplode nella quinta vettura del treno espresso “Italicus”, proveniente da Roma e diretto a Monaco di Baviera. L’ordigno, collegato a una sveglia, era stato collocato in una valigetta sotto un sedile della quinta carrozza.
Nell’attentato muoiono 12 persone: alcune per l’esplosione, altre arse vive dall’incendio. Altre 48 restano ferite. Tra le vittime il ferroviere Silver Sirotti, medaglia d’oro al valor civile. Si salvò dall’esplosione, rientrò nella carrozza con l’estintore e riuscì a salvare alcuni passeggeri, ma perse la vita. A 50 anni di distanza i procedimenti giudiziari non hanno ancora portato a sentenze definitive di condanna. Ma le indagini e i processi, pur non giungendo all’identificazione dei terroristi esecutori, hanno confermato il legame con altri attentati e con la strategia destabilizzante neofascista ordita in quegli anni.
Tra le vittime, di età fra 14 e 70 anni, ci furono tre turisti stranieri (un olandese, un austriaco e un giapponese), tre componenti di una famiglia – marito, moglie e figlio adolescente – e il venticinquenne forlivese Silver Sirotti, medaglia d’oro al valore civile, controllore che non doveva nemmeno essere in servizio quella notte. Fu tra i primi a soccorrere i passeggeri nella carrozza colpita, la quinta, sventrata quasi all’uscita dalla lunga galleria dell’Appennino tosco-emiliano, e morì sopraffatto dal fuoco e dal fumo.
“È una strage dimenticata, per la giustizia italiana non ci sono colpevoli – ha detto il fratello Franco Sirotti – Siamo fermi alla Cassazione, dove i neofascisti furono assolti. Ci è mancato anche il non avere un’associazione delle vittime, e in questo Paese solo con l’impegno dei familiari si tengono i fari accesi. Sono in contatto con un pool di avvocati, non sarà facile ma puntiamo alla riapertura delle indagini”.
Lo stesso relitto del vagone sventrato non è stato conservato. Il 9 maggio a Palazzo Madama in occasione della Giornata in memoria delle vittime del terrorismo, alla presenza di Mattarella, Franco Sirotti ha lanciato un appello, chiedendo di togliere il segreto di Stato su tutte le stragi. Il fratello Silver oggi sarà ricordato a Forlì in una cerimonia istituzionale al giardino pubblico a lui intitolato alla presenza del sindaco Gian Luca Zattini e dei familiari.
L’Italicus fu rivendicato da Ordine Nero, ma non ebbe responsabili: tutti gli imputati processati – in particolare Mario Tuti e Luciano Franci, ritenuti leader e gregario della cellula toscana del Fronte nazionale rivoluzionario – sono stati assolti, in uno scenario fatto anche di segreti di Stato, depistaggi e coperture. “Mancano le prove – motivarono i giudici della Suprema Corte – esistono solo indizi, tesi e illazioni non suffragati da certezze e fatti concreti”.
L’espresso 1486 era partito dalla stazione di Roma Tiburtina alle 20.35 ed era transitato da Firenze Santa Maria Novella a mezzanotte e mezzo, con 23 minuti di ritardo. Al momento dello scoppio avrebbe dovuto essere a Bologna – se l’ordigno fosse esploso lì, il numero delle vittime sarebbe stato maggiore. La bomba doveva già allora colpire la stazione?
A bordo, riferì trent’anni dopo Maria Fida Moro, era salito anche il padre Aldo, all’epoca ministro degli Esteri, per raggiungere la famiglia in Trentino, ma prima che il treno partisse fu fatto scendere “per firmare carte importanti”. Dieci anni dopo, un altro attentato all’interno della stessa galleria, quello del rapido 904 Napoli-Milano (domenica 23 dicembre ’84) carico di passeggeri in viaggio per le feste di fine anno, costò la vita a 16 persone, 267 i feriti.
Fonte: Rai.it