Col ricordo degli Accelerati e del “localacci” degli anni Settanta, dove erano spesso protagonisti dietro una Diesel sulle belle secondarie d’Italia, tempo fa ho acquistato il modello del carro a carrelli tipo FDIz proposto da ACME altrimenti noto col soprannome “Carnera” per la durezza delle sue sospensioni secondarie del carrello tipo AA, AM o AB, lasciate ad un robusta trave di legno in luogo di molle a balestra coniugate come per i veicoli passeggeri.
I veicoli FDIz sono denominati “Carri coperti dotati di intercomunicante con mantici, con compartimento per il personale per il trasporto merci e collettame” e furono costruiti in due serie, la prima di soli tre esemplari (149000-149002) e la seconda di 147 unità (149003-149249 centinaia pari), per un totale di 150 veicoli che furono realizzati intorno al 1931-1932 sui telai di vecchie carrozze a carrelli delle reti pre-FS (prevalentmente RM) oppure provenienti da bottino della Prima Guerra Mondiale. Sebbene ufficialmente “carri”, sono più propriamente carrozze e potevano essere assimilati a bagagliai sebbene fossero mezzi indubbiamente spartani, dotati dell’essenziale come di freno automatico, il riscaldamento a vapore e l’illuminazione elettrica.
Il modello ACME riproduce un esemplare della seconda serie secondo la consueta filosofia produttiva della casa milanese per quanto riguarda le carrozze FS, ovvero una resa della cassa con dettagli di buona qualità, buona realizzazione dei carrelli, telaio con la riproduzione dell’impianto riscaldamento, ma dove non mancano le discutibili soluzioni e una generale fragilità cui ACME non riesce a sfuggire, oltre ad alcune dimenticanze. Se la fragilità è qui significativa per i tiranti delle travi del telaio che impongono di maneggiare il modello il meno possibile e con cura estrema, le solite soluzioni che lasciano perplessi riguardano la necessità di allestire le pareti frontali con aggiuntivi in fotoincisione forniti nella confezione – che qui sono forniti di forgia diversa da quella degli esemplari al vero – senza riscontri esatti per il loro esatto e sicuro posizionamento. Non solo: a fronte di ottime restituzioni in scala per quanto riguarda la cassa e dei suoi particolari, la forma dei respingenti perde tutta la sua credibilità dal momento che i supporti dei piatti sono di diametro troppo inferiore alla custodia, sia che si voglia rappresentare i tipi 25 con custodia tipo 67 oppure 81 oppure CU 5, sia gli unificati RE5 (sui respingenti tornerò in seguito con un articolo ad hoc), restituendo così un aspetto troppo giocattolesco.
Allo scopo di ottenere un modello più aderente alla realtà, ho deciso quindi di intervenire per correggere le imperfezioni. Mediante nuove fotoincisioni ho realizzato dei supporti dei tiranti di foggia esatta dotati di innesti adatti ad essere inseriti in altrettanti fori da 0,4 mm ricavati nella testata, appena a fianco dei profilati di rinforzo verticali e appena sotto il tetto del veicolo. I tiranti devono essere tagliati all’altezza dei risalti sul mantice che riproducono i loro relativi attacchi (grossomodo sono all’altezza della maniglia delle porte). Oltre a questi particolari, ho colto l’occasione per inserire agli angoli dei vestiboli d’accesso i corrimani (per niente riprodotti da ACME), realizzati in profilato d’acciaio da 0,3 (quello sullo spigolo della cassa) e 0,4 mm quello , più piccolo, ai lati della porta. Quanto ai respingenti, lasciando in opera le custodie originali – nel modello ottenute con la medesima stampa della cassa – dal momento che la loro eliminazione sarebbe stata complicata, ho sostituito solo i piatti, mettondone in opera altri realizzati per clonazione di resina di quelli proposti correttamente da Hornby o Lima Expert per le locomotive elettriche ambientate in epoca III.
Per la verniciatura, il colore originale deve esser riprodotto miscelando smalti ad acqua o sintetici dei colori rosso vagone con un poco di nero, prestando attenzione che, al vero, questi carri subivano spesso ritocchi parziali e non riverniciature integrali, tanto da presentarsi con toppe di vernice ben visibile. I piatti dei respingento possono essere sia nello stesso colore rosso vagone per una esemplare di fresca revisione, sia in grigio scuro – quasi nero – per riprodurli già operativi e imbrattati di grasso; i bordi sono lumeggiati (tecnica del dry brush).
Vista la loro utilizzazione e funzione e pensando ad una ambientazione a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e il decennio successivo, o montato su entrambe le testate i mantici in posizione retratta per significarne l’inaccessibilità dal resto del treno, e ho curato di inserire i corrimano interni di tipo semplificato come al vero (proposti da ACME per altri modelli) in luogo di quelli completi forniti nella bustina degli aggiuntivi.
Fausto Condello
2 risposte
non hai montato scalette e REC, come mai?
Le scalette sono ostative al funzionamento su impianti con curve modello. I REC mancano per coerenza con una parte dei carri che ne erano sprovvisti.