Qualche giorno fa, un articolo de Il Tirreno ha voluto fare una sorta di analisi dello stato attuale dei collegamenti tra il capoluogo toscano e l’Aeroporto di Pisa. Pur con gli accenti e le approssimazioni di taglio giornalistico, mette in luce una situazione su cui è opportuno riflettere. I collegamenti tra Firenze e Pisa e, se vogliamo, con Livorno, godono e hanno sempre goduto di una buona offerta, prima da FS – nella sua interezza prima della Direttiva Cee 91/440 che ha obbligato alla sua partizione – ora da Trenitalia e sempre con materiale idoneo. Nell’ultimo decennio, il parco rotabile si è adeguatamente rinnovato e anche quello ormai più datato è stato opportunamente revampizzato con soluzioni idonee. L’articolo tuttavia dimentica di ricordare che quell’efficienza oggi anelata anche da qualche politico, era già una realtà e, se vogliamo, motivo di vanto, trentanni fa e precisamente dal gennaio 1983 quando, grazie ad una breve e razionale bretella tra la Pisa C.le e San Giusto i treni potevano raggiungere l’Aeroporto (proprio dentro la struttura!) con un orario cadenzato (ogni 1/2 ora) da Firenze SMN in 55 minuti, con la sola fermata di Empoli per favorire gli utenti provenienti da Siena. A quella unica fermata si aggiunse poi quella di Pontedera, su esplicita richiesta di politici, locali e non, giustificata dalla presenza del complesso Piaggio. Adeguatamente garantito dalle normali tariffe chilometriche (senza cioè biglietti dal costo particolare come oggi si vorrebe proporre) il servizio Firenze-Pisa Aeroporto era il primo esempio in Italia di un collegamento siffatto, perfetta integrazione tra i due più efficienti sistemi di trasporto e, addirittura, con la possibilità di effettuare il check-in in stazione a Firenze! Ma mentre l’esempio fu copiato in altre realtà (Torino-Caselle, Milano-Malpensa, Roma-Fiumicino, e altri) in Toscana tutto finì. Pian piano con deliberate e oculate scelte, strategiche e politico-aziendali su cui conviene stendere un velo pietoso, si ottenne il solo risultato di far scadere la qualità e la puntualità del servizio, in concomitanza (un caso?) con la decisione politica di dotare Firenze di un aeroporto, qualunque esso fosse, nato poi in un luogo inadatto e con una morfologia inadeguata e pericolosa. I treni da Firenze furono prima limitati a Pisa C.le con necessità di trasbordo su apposite navette da qui a Pisa Aeroporto e, poi, vi furono aggiunte fermate intermedie che finirono per dilatare i tempi di viaggio. Non ultimo arrivò anche la concorrenza di operatori privati che effettuavano collegamenti diretti su strada (Fi-Pi-Li) in luogo di quelli ferroviari. L’epilogo fu la scellerata decisione tutta pisana di relaizzare il “People Mover”,in luogo del collegamento su ferro, utilizzando anche gli spazi già sede ferroviaria, la cui linea è stata allo scopo soppressa il 15 dicembre 2013. La decisione di “rompere il carico” come si dice in gergo, ovvero di costringere i viaggiatori diretti alla scalo aeroportuale a cambiare comunque vettore di trasporto, fu il colpo finale per decretare l’inefficienza del servizio e la sua cessazione a favore della novità del’APM pisano che si pensava essere il toccasana del trasporto locale tra il centro città e la sua più importante infrastruttura. Ma chi di spada colpisce…: il “People Mover” – detto da Pisani non senza una punta di sarcasmo tipicamente toscano il “pipotto” – patisce la stessa criticità dell’ultimo servizio ferroviario e finora vede pochi viaggiatori, pochi utili e molte spese, oltre quelle, sintende, inusitate per l’entità, resesi necessarie per la sua realizzazione. Sarà forse giunto il momento di ripensare scelte tanto scellerate?
Fausto Condello